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Convergenza 2024: Il Percorso verso l’Euro

La Commissione europea ha pubblicato la Relazione sulla convergenza 2024, in cui valuta i progressi compiuti dai sei Stati membri dell’UE che non fanno parte dell’area dell’euro ma che si sono impegnati legalmente ad adottare l’euro. Questi paesi sono: Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia.

La Relazione sulla convergenza della Commissione europea serve come base per la proposta della Commissione di una decisione del Consiglio dell’UE sull’adozione dell’euro da parte di uno Stato membro. Questa relazione è separata dal Rapporto di convergenza della BCE, ma viene pubblicata parallelamente ad esso. I Rapporti di convergenza vengono pubblicati ogni due anni o su richiesta specifica di uno Stato membro per valutare il proprio grado di preparazione all’ingresso nell’area dell’euro, come è accaduto, ad esempio, con la Lettonia nel 2013. Tutti gli Stati membri dell’UE, ad eccezione della Danimarca, sono legalmente impegnati ad adottare l’euro. La Danimarca ha negoziato un accordo di opt-out nel Trattato di Maastricht, che le permette di mantenere la propria valuta nazionale e di non aderire all’euro, a meno che non decida diversamente in futuro attraverso un referendum o una decisione parlamentare.

L’adesione all’area dell’euro è un processo aperto e basato su regole. La relazione si basa sui criteri di convergenza, noti anche come “criteri di Maastricht”, stabiliti dall’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). I criteri di convergenza comprendono la stabilità dei prezzi, la solidità delle finanze pubbliche, la stabilità dei tassi di cambio e la convergenza dei tassi di interesse a lungo termine.

Secondo l’ultima indagine di Eurobarometro, uno strumento di sondaggio utilizzato dalla Commissione Europea per raccogliere dati e opinioni pubbliche su vari temi relativi all’Unione Europea, la maggioranza dei cittadini (59%) degli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro ritiene che la moneta comune abbia avuto un impatto positivo sugli Stati membri che già la utilizzano. Inoltre, il 53% crede che l’introduzione dell’euro avrebbe conseguenze positive per il proprio Paese, mentre il 56% pensa che sarebbe vantaggiosa per la propria situazione personale.

Nel complesso, il 58% degli intervistati è favorevole all’introduzione dell’euro nel proprio Paese. Il sostegno è particolarmente pronunciato in Romania (77%) e Ungheria (76%), seguite da Svezia (55%), Repubblica Ceca (49%), Bulgaria (49%) e Polonia (47%). In particolare, in Repubblica Ceca il favore è in aumento, con un incremento di 6 punti rispetto allo scorso anno. La Bulgaria è il Paese in cui la maggiore quota di cittadini (71%) pensa che l’euro sarà introdotto entro cinque anni. Nonostante il 64% dei bulgari tema che l’introduzione dell’euro farà aumentare i prezzi, mentre il 44% ritiene che avrebbe conseguenze positive per il proprio Paese.

Il rapporto indica che gli Stati membri esaminati non hanno raggiunto risultati omogenei nell’armonizzazione dei loro indicatori economici con quelli richiesti per l’adesione all’area dell’euro. La Svezia soddisfa il criterio della stabilità dei prezzi e il criterio relativo alle finanze pubbliche, mentre la Bulgaria soddisfa solo il criterio relativo alle finanze pubbliche, e si prevede che anche la Repubblica Ceca lo soddisfi in futuro. Inoltre, Bulgaria, Repubblica Ceca e Svezia rispettano il criterio del tasso di interesse a lungo termine. Tuttavia, questi paesi devono ancora apportare cambiamenti alla loro legislazione nazionale in campo monetario per soddisfare tutti i requisiti dell’Unione economica e monetaria.

Il rapporto rileva inoltre che la legislazione bulgara può essere considerata compatibile con il diritto dell’UE, fatte salve le condizioni e le interpretazioni indicate nel Rapporto sulla convergenza. Per quanto riguarda il meccanismo di cambio (ERM II), solo la Bulgaria soddisfa il criterio del tasso di cambio, che richiede almeno due anni di partecipazione senza gravi tensioni valutarie prima di entrare nell’area dell’euro.

La Commissione ha anche esaminato altri fattori indicati nel Trattato, che devono essere considerati nella valutazione della sostenibilità della convergenza. Dall’analisi è emerso che gli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro sono generalmente ben integrati dal punto di vista economico e finanziario nell’UE. Tuttavia, alcuni di essi mostrano vulnerabilità macroeconomiche e affrontano sfide legate al loro ambiente economico e al loro quadro istituzionale, che possono rappresentare un rischio per la sostenibilità del processo di convergenza.

La valutazione della convergenza presentata in questo rapporto è stata influenzata da diversi importanti sconvolgimenti economici e sviluppi politici degli ultimi due anni, come la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Questo conflitto ha sconvolto il mercato globale dell’energia e le catene di approvvigionamento, portando i prezzi dell’energia a livelli record nel 2022. L’economia dell’UE ha dimostrato una notevole capacità di recupero, riducendo la propria dipendenza dai combustibili fossili russi e limitando l’impatto negativo sull’attività economica.

Nel 2023, l’economia dell’UE ha rallentato a causa della diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, delle condizioni economiche globali sfavorevoli e delle difficoltà di accesso ai finanziamenti. Tuttavia, la diminuzione dei prezzi dell’energia e le politiche monetarie restrittive hanno portato a una significativa riduzione dell’inflazione.

La Relazione sulla convergenza 2024 evidenzia progressi significativi ma eterogenei tra i sei Stati membri esaminati. Sebbene alcuni abbiano soddisfatto diversi criteri di adesione, persistono sfide economiche e istituzionali che devono essere affrontate per garantire una convergenza sostenibile.

Fonte: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_24_3449

Immagine generata dall’ AI

Fonte grafica: https://storyset.com/     

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