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Dazi sulle importazioni, margini in calo e i costi nascosti dell’inazione

’impatto dei dazi sulle importazioni non è più una semplice questione aritmetica. Gli aumenti tariffari non si limitano ad aggiungere una voce in più al foglio dei costi: rimodellano le dinamiche aziendali lungo tutta la filiera, dai produttori esteri fino ai consumatori finali.

Consideriamo un esempio tipico: l’importazione di merci europee con un valore pari a €50.000, negli Stati Uniti. Assumendo un tasso di cambio EUR/USD fisso di 1,20, il valore convertito è pari a $60.000. A questa cifra si sommerebbero costi di logistica, assicurazione, magazzinaggio e sdoganamento, che in questo caso vengono semplificati a $37.000. Questa configurazione fornisce un punto di partenza per due scenari: dazio del 5% contro un dazio del 15%.

dati espressi in $precedentemente 1 agosto 2025successivamente 1 agosto 2025variazione C% – B%
materie prime60.00060.000
dazi 5%3.000
dazi 15%9.000
costi per servizi37.00037.000
costo totale (importatore)100.000106.0006,00%

Sebbene la differenza numerica tra i due dazi sia solo di $6.000, l’impatto economico è molto più ampio, portando a compromettere la competitività nel lungo termine.

Questo articolo analizza le sfide economiche più profonde legate a questi cambiamenti, mostrando come anche piccoli assestamenti politici possano generare problematiche molto maggiori per importatori e rivenditori.

Dai dazi al rischio aziendale: chi assorbe il costo?

Con un dazio al 5%, il costo totale a destino è pari a $100.000. Presupponendo un ricarico del 100%, il prezzo di vendita è di $200.000, con un margine lordo del 100%.

Con un dazio al 15%, il costo totale sale a $106.000. Se il prezzo di vendita resta invariato, il margine lordo scende al 94%.

Scenario 1 – il consumatore assorbe il dazio

dati espressi in $precedentemente 1 agosto 2025successivamente 1 agosto 2025variazione C% – B%
materie prime60.00060.000
dazi 5%3.000
dazi 15%9.000
costi per servizi37.00037.000
costo totale (importatore)100.000106.0006,00%
margine 100%100.000106.0006,00%
costo totale (dettaglio)200.000212.00012,00%

Scenario 2 – il produttore assorbe il dazio

dati espressi in $precedentemente 1 agosto 2025successivamente 1 agosto 2025variazione C% – B%
materie prime60.00060.000
dazi 5%3.000
dazi 15%9.000
costi per servizi37.00037.000
costo totale (importatore)100.000106.0006,00%
margine 100%100.00094.0006,00%
costo totale (dettaglio)200.000200.000

Questa situazione rappresenta un dilemma semplice ma fondamentale: aumentare il prezzo e rischiare di perdere competitività, oppure mantenerlo e ridurre la redditività? In termini economici, questo fenomeno è noto come incidenza fiscale: chi sopporta davvero il peso della politica tariffaria?

Fonte: ScienceDirect – Tax Incidence

Sebbene da un lato una sporadica riduzione del margine possa essere gestita operativamente, un aumento reiterato delle barriere commerciali potrebbe portare tanto ad una progressiva erosione dei margini come ad un incremento strutturale dei prezzi al consumo.

In mercati altamente competitivi, anche una compressione marginale dei profitti tende ad accumularsi nel tempo.

Leva finanziaria e il reale costo del capitale

Molti modelli di costo d’importazione ignorano una dimensione critica: l’aumento del fabbisogno di capitale circolante. Passare da $100.000 a $106.000 per container significa tenere bloccati più fondi. Per aziende con margini ristretti questo non rappresenterebbe un aggiustamento marginale, ma un vincolo strategico.

Molte imprese ben capitalizzate nei settori import-export (ad esempio nel retail) operano intenzionalmente con leva finanziaria, finanziando le attività con debito quando il costo degli interessi è inferiore al rendimento del capitale investito.

Questa prassi permette di massimizzare il ROE (Return on Equity), purché i tassi restino favorevoli e i ritorni operativi stabili.

Usare una leva significa anche che ogni aumento di costo — anche di $6.000 per container — rappresenta un impatto diretto sui fabbisogni di finanziamento e sull’esposizione al rischio.

Che il capitale provenga da debito o da riserve interne, il costo è reale e misurabile.

ROI > Costo del Debito → il ROE aumenta con la leva finanziaria

Anche in presenza di liquidità, quei fondi figurano come un costo opportunità, potendo essere facilmente reinvestiti in attività operative o finanziarie.

Il capitale, in qualsiasi forma, non è mai gratuito.

Elasticità del prezzo e convergenza competitiva

Il retail è uno dei settori più sensibili e competitivi nel commercio globale. È spesso caratterizzato da barriere d’ingresso basse, soprattutto nell’e-commerce, e da grande trasparenza dei prezzi. I consumatori possono confrontare facilmente le offerte, e la fidelizzazione è spesso legata più al prezzo che al marchio.

In questo contesto, l’elasticità della domanda è elevata. Anche un aumento di prezzo del 3–5% può generare una significativa perdita di volumi.

Quando i dazi aumentano, non tutti i concorrenti reagiscono allo stesso modo: alcuni assorbono il costo internamente, altri lo trasferiscono parzialmente. Il risultato? La distanza competitiva si assottiglia, non perché la concorrenza scompaia, ma perché l’asimmetria delle reazioni annulla i vantaggi di prezzo.

Per mantenere la competitività, assorbire i dazi non è solo una questione finanziaria, ma una necessità competitiva.

Volatilità del cambio e rischio sul potere d’acquisto

Assumere un cambio fisso EUR/USD a 1,20 semplifica l’analisi, ma non riflette la realtà del mercato valutario. I mercati dei cambi sono intrinsecamente volatili e influenzati da molteplici variabili macroeconomiche — tra cui i differenziali dei tassi di interesse.

Anche una lieve variazione del cambio, ad esempio un calo da 1,20 a 1,20−x, comporta un aumento del costo in dollari dello stesso bene pari a y%.

y = EUR × 1.20 × (1 – x/100)

dove:

1.20 = tasso di cambio iniziale EUR/USD

x = variazione percentuale del cambio

y = nuovo costo in USD dopo il cambio

EUR = prezzo della merce in euro

Per gli importatori, questo significa maggiore spesa in valuta locale, con una conseguente riduzione del potere d’acquisto.

Inoltre, la volatilità del cambio complica la stabilità dei contratti. A differenza dei dazi, che sono politici e trasparenti, i rischi valutari sono imprevedibili e difficili da coprire, soprattutto in filiere lunghe e complesse.

I costi logistici non sono realmente fissi

Nell’esempio illustrato, i costi di logistica e servizi sono fissati a $37.000. È una semplificazione utile per isolare l’effetto dei dazi, ma nella realtà questi costi sono tutt’altro che stabili.

Tra il 2020 e il 2023, le tariffe di trasporto container su rotte principali sono aumentate anche oltre il 200%, secondo diversi report di settore. Fattori come scarsità di container, congestione portuale, aumento dei carburanti e tensioni geopolitiche hanno reso questi costi altamente volatili.

Dal punto di vista della pianificazione aziendale, la logistica va trattata come variabile dinamica, spesso più impattante dei dazi stessi.

Considerazioni finali: non è solo questione di prezzo — è questione di controllo

Sebbene l’aumento dei dazi possa sembrare contenuto, i suoi effetti indiretti sono rilevanti. Sommato alla leva finanziaria, pressione sui prezzi, volatilità valutaria e costi logistici fluttuanti, il carico complessivo può minare la sostenibilità economica di un’operazione.

Una riduzione del margine lordo del 3% può sembrare tollerabile. Ma se si combina con un aumento z% dei costi logistici, y% di svalutazione e minore elasticità di prezzo, la redditività netta può scendere sotto le soglie di sostenibilità. E a differenza dei dazi, queste pressioni si accumulano silenziosamente — fino a diventare sistemiche.

Il vero rischio non è il dazio, ma l’assenza di controllo analitico: il fallimento nell’anticipare, modellare e monitorare le variabili economiche fondamentali.

Se prendessimo in considerazione uno scenario più ampio, cosa succederebbe se l’inflazione rimanesse alta? In teoria, la politica monetaria dovrebbe irrigidirsi, ma le decisioni non avvengono mai nel vuoto. Cosa accadrebbe se la leadership politica influenzasse le priorità delle banche centrali? Se i tassi restassero alti o si muovessero in modo imprevedibile, come reagirebbero i capitali, i tassi di cambio o persino il debito globale?

In un mondo così interconnesso, anche decisioni locali possono generare conseguenze sistemiche, e non è sempre chiaro dove potrebbe emergere la prossima frattura.

E se persino blocchi economici forti sembrano adattarsi alle pressioni commerciali invece di contrastarle, come possono le singole imprese affrontare questi cambiamenti senza un supporto istituzionale chiaro o linee guida condivise?

Immagine generate dall’AI

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